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Shopper

 

Salve, il mio nome è Shopper e sono un sacchetto di plastica.

Sapete, uno di quei sacchetti di plastica che chiedete alle cassiere dei supermercati quando dovete trasportare la spesa alimentare fin dentro la vostra abitazione. Uno di quei sacchetti che avete imparato ad utilizzare più di una volta, un po’ per risparmiare e un po’ perché dal punto di vista ecologico è giusto così. Già, purtroppo sono anche uno di quei sacchetti che vi si attorcigliano attorno a gambe e braccia quando state nuotando in un mare poco pulito. Ma non è a me che dovete dare la colpa. Dovete invece prendervela con la maleducazione di chi mi ha abbandonato impropriamente al mio destino.

Non mi voglio lamentare, ma la mia vita non è per niente facile. Come per voi umani, già la nascita rappresenta per me un dolore. Come voi umani, anche io vengo al mondo con un grido di dolore. È solo che non posso piangere, altrimenti lo farei.

Prima che io venga creato la mia anima è avvolta, insieme a migliaia di spiriti come me, in una enorme bobina in cui si arrotolano i pensieri e si confondono i respiri di tutti i sacchetti futuri. La bobina è un po’ come il vostro Limbo, serbatoio di anime per nascituri.

Eppure questa comunione di base non associa anche i nostri destini. Prima o poi verremo separati, come gemelli siamesi che, grazie al bisturi di qualche abile chirurgo, riescono a condurre ciascuno la propria vita, indipendenti.

Già, il vostro bisturi. Per noi sono lame calde che separano e uniscono al tempo stesso. Aprono una ferita e la cauterizzano nel medesimo istante. Schiudono un universo grande e lo racchiudono in mondi più piccoli, sempre più piccoli. Veniamo piegati, contro la nostra volontà, per poter soddisfare le vostre esigenze di maggior capienza. Veniamo piegati, perché la nostra natura è così. Veniamo piegati, perché non possiamo spezzarci.

E poi, quasi in fondo a questo ciclo, la nostra pelle viene passata da parte a parte dalla puntura di mille aghi. Per tenerci assieme, dopo che siamo stati separati. E infine, raggruppati in mazzette veniamo avviati verso il nostro destino.

Forse la mano gentile di qualche cassiera ci donerà per un breve istante il piacere di un tocco lieve, quasi una carezza, prima di dover sostenere l’enorme sforzo del peso da trasportare. Qualcuno di noi si rompe sotto l’eccessivo carico. Fine prematura di una vita.

Altri invece compiono il ciclo molte volte, prima di venire utilizzati come contenitore per i rifiuti.

Io ora sono qui, avvolto nel silenzio e nel buio quasi assoluto di questo armadio. Un luce flebile filtra attraverso la non perfetta chiusura dell’antina. Sono qui e aspetto, appallottolato in malo modo insieme ad altri sacchetti. Sono qui e aspetto di sapere quale sarà il mio destino.

Ancora un ciclo di lavoro o la via della fine verso la discarica?